
Entro la fine del mese di luglio il governo si è impegnato a presentare in Parlamento una legge delega sulla riforma fiscale. Si è deciso così di seguire una procedura diversa da quella inizialmente annunciata, e di acquisire (giustamente) la documentazione presentata da esperti nelle audizioni tenute presso le commissioni finanze congiunte di Camera e Senato. Al tempo stesso i partiti hanno propri documenti e proposte la cui lettura, salvo un paio di eccezioni, è un'esperienza fortemente deludente per la scarsa consapevolezza dei problemi che esse presentano. Può quindi essere utile ricordare alcuni princìpi in base ai quali si dovrebbero considerare le proposte di tax design secondo gli economisti. Innanzitutto si riconosce che la capacità contributiva, e quindi quella di sostenere il peso dell'imposizione, cresce al crescere delle risorse disponibili (reddito, patrimonio), quindi un buon sistema fiscale dovrebbe essere progressivo (equità verticale). Oggi il sistema di prelievo complessivo nel nostro Paese risulta progressivo ai livelli di reddito più bassi, inclusi per la gran parte dei contribuenti, e regressivo per i più ricchi. Ciò consiglierebbe di non ignorare e anzi rafforzare i prelievi su base patrimoniale, e sui relativi redditi. Vi è poi il principio di equità orizzontale secondo il quale, a parità di condizioni economiche e personali, il prelievo essere lo stesso. Per quanto irrilevante, questo principio è quello più ignorato e derogato nel sistema italiano. La soluzione di questo problema dovrebbe comportare, per quanto riguarda l'Irpef, la drastica riduzione delle spese fiscali, il riassorbimento del bonus 100 euro e del sistema forfettario, e la fine delle detrazioni decrescenti. La tutela delle micro imprese potrebbe essere ottenuta con strumenti diversi. Anche gli incentivi fiscali dovrebbero essere sottoposti a revisione dal momento che essi in quanto deroghe alla normativa di base, si giustificano solo se temporanei. Vi sono poi le imposte ei sussidi giustificati in quanto collegati a esternalità negativa o positiva. Questa è la giustificazione delle accise sugli oli minerali, gli alcolici, i tabacchi, ma anche della detrazione per le spese sanitarie non coperte dal Servizio sanitario nazionale. Non giustificati invece sono i sussidi fiscali dannosi per l'ambiente che si andrebbero a ridurre. Dal punto di vista dell'efficienza economica, la teoria suggerisce che imposte a larga base imponibile, in grado di ottenere un gettito rilevante mediante aliquote il più possibile trova, sono di gran lunga preferibili, perché meno distorsive, rispetto all'alternativa: basi erose e aliquote più elevate. In altri termini si consigliano basi imponibili onnicomprensive per le principali imposte per evitare l'effetto distorsivo (esponenziale) delle aliquote. Questo fu uno dei motivi che portarono all'introduzione dell'Irap in integrazione di una serie di prelievi minori tutti con aliquote molto più elevate. Il prelievo, inoltre, dovrebbe essere per quanto possibile "neutrale", rispetto alla scelta tra lavoro e capitale, alle scelte finanziarie delle imprese, ecc. Ciò ci porta al problema principale del nostro sistema attuale: l'eccesso di prelievo sul lavoro rispetto agli altri redditi. Negli ultimi 30 anni infatti i redditi di lavoro si sono ridotti considerevolmente in tutti i paesi, passando dal 60-65% del reddito nazionale a percentuali inferiori al 50 per cento. Ciò significa che non è più possibile a continuare a finanziare i sistemi di welfare mediante i tradizionali prelievi sui redditi di lavoro. Occorre rivedere completamente il sistema, diminuire in modo rilevante il fattore lavoro, e non basta certo a ridurre l'Irpef di 10 miliardi. È interessante come questo problema sia stato sottolineato ed enfatizzato nelle recenti comunicazioni inviate dalla Commissione al Parlamento europeo, mentre nei documenti presentati dai partiti italiani solo Leu ha sottolineato tale punto. Neutralità finanziaria vuol dire anche ridurre se non eliminazione (come fa ancora oggi l'Irap) il favore fiscale all'indebitamento offerto dalla deducibilità degli interessi passivi in sede di imposizione delle imprese, soprattutto se si desidera avere imprese di maggiori dimensioni e meglio capitalizzate. Neutralità significa anche eliminare le norme esistenti che favoriscono la riduzione della base imponibile dell'imposta sulle società, e che i singoli prodotti finanziari, quali che sia la loro natura, dovrebbero essere soggetti al medesimo prelievo. Le imposte non devono essere utilizzate per distorcere l'allocazione delle risorse a favore di questo o quell'emittente o conferire come oggi sistematicamente, nonostante che la riforma del 1996-97 abbia diritto di introdurre in Italia il sistema di dual income tax. Chi richiedere provare a reintrodurlo dovrebbe fare i conti con questa esigenza e uniformare la tassazione per tutti i prodotti, a partire dai titoli di stato. Questi princìpi vanno applicati con ragionevolezza e flessibilità generali, ma non possono essere ignorati. Per esempio non vanno trascurati i rischi di concorrenza fiscale tra Paesi. Tuttavia, per quanto riguarda i redditi da capitale percepiti dalle persone fisiche, sia l'inclusione nella base imponibile dell'Irpef, sia l'affiancamento a un'Irpef sui soli redditi di lavoro di una imposta personale progressiva a base patrimoniale, sia un sistema di dual income tax sistemati in grado di far fronte ai rischi di concorrenza internazionale dati la operatività degli scambi automatici di informazione in vigore tra un ampio numero di paesi. La presenza di concorrenza fiscale peraltro consigliare di aumentare la tassazione sugli immobili e quindi di rivalutare i valori catastali a quelli di mercato. Questione ignorata dai tutti i documenti presentati dai gruppi politici, salvo quello di Leu, anche se essa è presente in tutte le raccomandazioni che in materia fiscale ci fa la Commissione Europea. Ultimo ma non meno importante, la questione dell'evasione fiscale di massa in Italia. Questo è soprattutto un problema politico. Da un punto di vista tecnico meccanismi di tracciabilità generale delle transazioni, uso consapevole dei big data e dell'intelligenza artificiale potrebbero oggi in grado di risolvere il problema, come ho indicatore più volte in altre sedi. Basta deciderlo e convincere il Garante della privacy che il suo ostruzionismo rispetto all' uso generalizzato delle banche dati da parte dell'Agenzia delle entrate è in contrasto con l'interesse generale e un aiuto all'evasione e agli evasori. Per quanto riguarda la pressione complessiva, tutti i partiti la sua riduzione. Richiesta priva di senso: la pressione corretta è quella che consente di finanziare la spesa pubblica e garantire un bilancio corretto. Ciò che è possibile, è auspicabile, invece, è una redistribuzione del prelievo. Questi sono i princìpi generali che dovrebbero essere alla base di una riforma fiscale oggi in Italia. Non sembra che le forze politiche ne siano consapevoli. Tocca quindi al governo avanzare proposte che hanno almeno una plausibilità scientifica in grado di correggere le tante irrazionalità che si sono accumulate nel tempo. Visto le posizioni delle parti politiche è molto improbabile che la riforma sarà particolarmente estesa, ma che sia fatta decentemente non mi sembra una richiesta eccessiva.
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