Due recensioni a 'Colpevoli evasioni'

Ottobre 2017

L'evasione e i modi per combatterla, di Dino Pesole

 L'evasione fiscale, male endemico del nostro Paese, fiume carsico che a tratti riappare e scompare dal dibattito pubblico, fenomeno complesso e tuttavia certamente aggredibile. La cosa più sorprendente osserva Vincenzo Visco nel libro "Colpevoli evasioni, le tasse come questione non solo tecnica" (Università Bocconi editore) è che sull'evasione fiscale ormai si sa tutto: a quanto ammonta, chi evade, chi evade di più e chi di meno, come si distribuisce sul territorio, quanto gettito viene meno per le principali imposte. L'Iva stando ai dati è ai primi posti tra i tributi evasi (attorno ai 35 miliardi). E allora, nell'era della telematica, con l'incrocio delle banche dati che obiettivamente è un atout fondamentale per scovare chi evade, è ancora socialmente ed economicamente tollerabile che vengano sottratti a tassazione risorse che variano (a seconda delle stime) tra i 101 e i 140 miliardi l'anno? Il problema si sarebbe detto con formula di altri tempi è politico. Lo spiega Visco, ex ministro delle Finanze e del Tesoro, uno che di tasse se ne intende: in presenza di un'evasione di massa come quella italiana, pari a più dell'8% del Pil, "la paura di perdere consensi e voti ha un'influenza evidente nel determinare questo atteggiamento". Dunque i risultati raggiunti in questi anni, che pur ci sono stati anche se il gettito recuperato è una goccia nel mare delle imposte evase, non hanno ancora prodotto quel cambio di marcia atteso da tempo. E il motivo è che combattere sul serio l'evasione costa in termini elettorali. Almeno questa è la convinzione prevalente. Certo, si potrebbe aggiungere, se la politica si traduce pressoché esclusivamente nella ricerca del consenso immediato garantito dall'attuale circuito mediatico, in quella che Tommaso Padoa Schioppa chiamava la "veduta corta", i margini per operazioni strutturali di più ampio respiro si riducono drasticamente. Il libro di Visco ci aiuta a capire natura, entità e cause remote e presenti dell'evasione, economiche, sociali e culturali. Non è certo estraneo, nella stima dei costi e dei benefici di chi evade, un semplice calcolo statistico basato sulle probabilità di essere scovato, al momento non molto elevata. E a proposito di statistiche, ben sappiamo che la pressione fiscale effettiva che grava su chi le tasse non le evade (per scelta o per impossibilità visto che il prelievo viene effettuato direttamente alla fonte, sullo stipendio o sulla pensione) è ben più alta del 43% fotografato dall'Istat proprio a causa dell'alta evasione. Che dire poi se correliamo questo abnorme prelievo alla qualità dei servizi che riceviamo in cambio, perché poi a questo in fin dei conti servono le tasse? La premessa è che una certa percentuale di evasione, da noi come negli altri paesi, è fisiologica. Vi è da preoccuparsi quando il fenomeno diviene patologico e assume le dimensioni di una sorta di una fuga di massa dall'obbligo fiscale. Si sfruttano, con il soccorso di molteplici pratiche elusive, le pieghe dell'abnorme produzione legislativa in materia tributaria. E si punta all'effetto salvifico dei condoni. Fondamentale è il livello di efficienza della macchina fiscale. Decisive sono le semplificazioni (la strada intrapresa negli ultimi anni è corretta ma occorre fare molto di più), fondamentali sono le sanzioni, non lo sono sanatorie e condoni che al contrario rappresentano un incentivo implicito ad evadere. E anche il tanto osannato "conflitto di interessi" da noi spiega Visco non funzionerebbe, e causerebbe ingenti perdite di gettito. Limitare l'uso del contante, soprattutto di banconote di taglio più elevato, invece sarebbe un deterrente. Ora il tetto è 3mila euro. È evidente che più i pagamenti sono "tracciati", più se ne può accertare provenienza e natura. Veniamo alle proposte. Ecco una breve sintesi: va bene lo "split payment", strada già intrapresa dal governo al pari del "reverse charge", due strumenti importanti per combattere l'evasione dell'Iva. Visco propone l'adozione di un'aliquota Iva unica al15%, l'applicazione dell'aliquota ordinaria agli scambi intermedi e l'introduzione di un nuovo sistema di calcolo "base da base", il cosiddetto "regime del margine", per le vendite finali del commercio. Andrebbero poi introdotti lo scontrino telematico, l'obbligo di pagamento con carta elettronica e la trasmissione telematica delle informazioni rilevanti contenute nelle fatture. La stima del gettito Iva che si potrebbe in tal modo recuperare si colloca, secondo i calcoli di Visco, tra i 20 e i 30 miliardi.

 

Recensione a Vincenzo Visco, di Valeria De Bonis

Il tema dell’evasione fiscale è tra i più dibattuti nella letteratura economica e politica degli ultimi anni. In questo panorama, Colpevoli evasioni è un contributo unico: innanzi tutto, per la chiarezza dell’illustrazione del nesso tra profili teorici ed empirici e l’unitarietà, pur nel riconoscimento delle distinzioni, della trattazione del fenomeno dell’evasione e di quello dell’economia sommersa. In secondo luogo, perché il focus dell’analisi è l’Italia, dove l’evasione è più che doppia di quella degli altri paesi avanzati, in quanto l’imposizione, come rileva l’A., è il fulcro di un conflitto politico “risolto” con l’acquiescenza all’illegalità fiscale e alle sue conseguenze, quali sperequazioni e indebiti vantaggi competitivi per chi evade. Punto di partenza dell’analisi dell’A. è la duplicità del ruolo giocato dal cittadino con lo stato: individuo singolo in quanto contribuente, da un lato, e membro della collettività in quanto fruitore di bene e servizi pubblici, dall’altro. Ne consegue una dissociazione del beneficio ricevuto dall’attività pubblica dal costo del prelievo fiscale sopportato per finanziarla. Questa dissociazione spiega il risultato su cui convergono gli studi teorici ed empirici sull’evasione: il contribuente evade se non teme di essere scoperto. E’ quindi necessario un controllo da parte dell’amministrazione fiscale. La probabilità per l’evasore di essere scoperto dipende dunque dal numero di controlli effettuati. Poiché l’attività di accertamento è costosa, nasce il problema di determinare il numero ottimale di accertamenti. E quello di applicare questo risultato al caso Italia. Nel nostro Paese, infatti, il problema può apparire insolubile nella pratica: l’evasione coinvolge, come evidenziato nel testo, centinaia di migliaia di imprese e milioni di contribuenti e sarebbe dunque necessario ricorrere ad accertamenti di massa – impossibile tecnicamente, per non parlare del problema di consenso politico che ne conseguirebbe. Non sono certo mancate nel tempo proposte di alternative al sistema degli accertamenti, misure che l’A. ripercorre, spesso criticandole in quanto ‘miracolistiche’ o superate dallo sviluppo tecnologico. Ed è invece proprio nelle nuove tecnologie che l’A. individua la possibilità di creare una rete di monitoraggio che consentirebbe all’amministrazione di ricevere informazioni sull’attività economica effettiva di un vasto numero di contribuenti, in linea con quanto da tempo già avviene con il meccanismo del sostituto d’imposta per il lavoro dipendente.

La singolarità di Colpevoli evasioni è soprattutto nella disarmante concretezza delle misure proposte per realizzare tale sistema: applicazione del sostituto d’imposta ove possibile; utilizzo di strumenti elettronici per i pagamenti e la trasmissione dei dati rilevanti a fini fiscali; trasmissione automatica dei saldi finanziari e delle variazioni dei conti. Con le parole dell’A., “[d]isponendo di questo apparato si potrebbe procedere oltre, ricordando che sia la teoria che l’esperienza concreta indicano che l’evasione non è possibile se la riscossione delle imposte avviene a cura di “una parte terza”, ed è comunque più difficile in presenza di tracciabilità o di ritenute, anche solo d’acconto. Si dovrebbe quindi approfittare delle caratteristiche tecniche dell’Iva, basata sulla emissione, ricezione e contabilizzazione di ogni fattura relativa a tutte le transazioni, per introdurre un sistema generalizzato di ritenute ai fini delle imposte sui redditi tale da rendere impossibile l’evasione, non diversamente da quanto oggi avviene per i soli redditi di lavoro dipendente. E pensione. A tal fine sarebbe necessario prevedere che chi acquista un bene o servizio operi una ritenuta in conto imposte sui redditi (Ires, Irpef) a carica del venditore. Ciascun contribuente potrebbe compensare le ritenute subite con quelle operate, e anche con l’Iva dovuta a saldo”. Il sistema verrebbe infine completato dalla concentrazione dei controlli sugli operatori che possono sfuggire a questo sistema di tracciabilità, ovvero gli operatori al dettaglio. In sintesi, il libro offre la prospettiva di un A. che coniuga il rigore teorico e metodologico dello studioso di finanza pubblica, l’esperienza dell’uomo di governo e, non ultimo, l’impegno civico di chi ha agito con la consapevolezza che “taxes are what we pay for a civilized society” (dalla citazione di O. Windell Holmes  che apre il libro).

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