Una breve nota sulla manovra di settembre

Giugno 2017

La congiuntura reale dell’economia italiana si caratterizza per un lento, ma progressivo processo di rafforzamento della dinamica macroeconomica. Nel corso degli ultimi tre anni, la sequenza di tassi di crescita reale dell’Italia è stata dello 0,2, 0,7 e 1%, cui si accompagna anche una sequenza di valori del rapporto indebitamento-Pil pari anch’essa in lento ma progressivo miglioramento: -3, -2,7 e -2.4%.

In base all’ultima batteria di dati rilasciati dall’Istat, la crescita reale relativa al 1° trim. 2017 si è attestata allo 0,4%, cui è possibile associare una crescita acquisita per il 2017 dello 0,9%. Letto alla luce dell’attuale scenario economico internazionale, questo dato lascia ben sperare circa la futura dinamica del Pil italiano e autorizza a prefigurare scenari caratterizzati da una possibile accelerazione della crescita, che a fine anno potrebbe portarsi su valori compresi nella forbice 1,2-1,5% (attualmente le stime più aggiornate sul tasso di crescita atteso dell’economia italiana sono quelle recentemente rilasciate del FMI: +1,3% su base annua)

Sul versante del prodotto nominale, gli ultimi dati Istat riportano una fiammata del deflatore calcolato trimestre su trimestre di circa 1 punto percentuale, dato che salta addirittura al 2,3% se il calcolo viene effettuato con riferimento allo stesso trimestre del 2016. Il dato è evidentemente in linea con le previsioni di crescita dell’inflazione – BCE e Banca d’Italia prevedono un’inflazione al consumo – CPI – dell’1,3% per il 2017 – e sconta sia una ripresa dei prezzi al consumo, sia la temporanea ripartita dei prezzi delle materie prime e del petrolio. Per la fine dell’anno è dunque ragionevole attendersi un tasso di variazione del deflatore di circa 2 punti percentuali e quindi una forbice per il tasso di crescita del Pil nominale del 2,8-3.5%.

Con riferimento alle prospettive di crescita dell’economia italiana, esistono tuttavia alcune importanti criticità che non vanno trascurate, senza contare che se si guarda agli obiettivi di finanza pubblica del governo restano da trovare coperture finanziarie per interventi pari a, nelle diverse formulazioni, 30-38 miliardi di euro. Obiettivo certamente non facile da raggiungere e che potrebbe avere effetti sulla stessa crescita.

1. L’espansione dello 0,4% del Pil relativa al 1° trimestre 2017 è interamente ascrivibile all’andamento delle scorte (vedi tabella sotto). Inoltre, mettendo a confronto i contributi alla crescita trimestrale delle varie componenti della domanda con i contributi riferititi al tasso di crescita annualizzato (vale a dire quello calcolato con riferimento allo stesso trimestre del 2016), è possibile osservare:

(a) un deciso rallentamento del contributo offerto dalla domanda nazionale, su cui pesano sia il rallentamento della spesa per consumi delle famiglie sia la contrazione della spesa per investimenti;

(b) il persistere della fase di accumulazione delle scorte, la quale – messa in connessione con il rallentamento degli investimenti (soprattutto quelli in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto) – potrebbe essere interpretata come un segnale per un ulteriore rallentamento della domanda nazionale.

Tabella 1 Contributi alla crescita – Elaborazioni Nens su dati Istat

 

Crescita

Annualizzata

Crescita

trimestrale

Prodotto interno lordo

1,2

0,4

Domanda nazionale

Totale:

1,3

0,3

Spesa delle famiglie e delle ISP

0,8

0,3

Spesa della PA

0,1

0,1

Investimenti fissi lordi

0,4

-0,1

Domanda estera netta

 

-0,5

-0,3

Scorte

 

0,3

0,4

 

2. Diversamente dal 2016, il primo trimestre del 2017 ha beneficiato di un numero maggiore di giornate lavorative – 2 in più rispetto al trimestre precedente e 2 in più rispetto al primo trimestre del 2016 –, dovuto al minor numero di festività che hanno caratterizzato i primi tre mesi dell’anno. Il trimestre successivo potrebbe risentire, in senso opposto, di questo dato, scontando anche la presenza delle festività pasquali, che in questo 2017 sono interamente ricadute nel corso del mese di aprile.

In conclusione, fatte salve eventuali cattive sorprese sul fronte della crescita, un’aspettativa di espansione del PIL del 1,2-1,3% appare più che condivisibile e – se realizzata – potrebbe alleggerire in modo considerevole il percorso di aggiustamento dell’indebitamento netto italiano verso il pareggio strutturale, specie se a fianco dell’inattesa maggiore crescita dovesse anche concretizzarsi l’eventuale “sconto” di 0,5 punti di Pil che Bruxelles ha già promesso all’Italia per il 2017. Ipotizzando una manovra di 20,4-22,7 miliardi (vedi tab.2), ed una crescita nominale prudenziale del 3% (1,2% reale più 1,8% di deflatore), la correzione dell’indebitamento netto nominale necessaria a non incorrere in una procedura di infrazione passerebbe infatti da 13,8 miliardi in assenza di “sconto”, e a 5,2 miliardi in presenza di “sconto”, fissando l’entità del bonus in ca. 8,6 miliardi di euro. La conseguenza di ciò sarebbe una sensibile riduzione dell’ammontare di coperture necessarie al raggiungimento degli obiettivi fiscali del Governo, che nel caso più esoso passerebbero da 38,5 miliardi di euro a poco meno di 30.

Tabella 2: Possibile manovra e stima delle copertura (dati in miliardi di €). – Fonte: Previsioni Nens

 

Con

Bonus

Senza

Bonus

Manovra (*)

22,4-24,7

22,4-24,7

Correzione dell’indebitamento (0,3% del Pil con bonus;0,8% senza bonus)

5,2

13,8

Coperture necessarie:

27,6-29,9

36,2-38,5

 

 

 

(*) Composizione: 1,2-2,5 miliardi per il taglio al cuneo fiscali per i giovani lavoratori, 15,7 per scongiurare l’entrata in vigore delle clausole di salvaguardia, 1,5 per il rinnovo contrattuale degli statali, 2-3 miliardi per le cd spese indifferibili

 

 

 

Prima di chiudere questa breve nota, è bene osservare come all’incirca la metà del totale delle coperture sarebbe destinata all’abrogazione dei 15,7 miliardi di clausole che il governo Gentiloni è chiamato a cancellare entro la prossima Legge di Stabilità 2018. Nel corso degli ultimi quattro anni questa necessità è diventata una vera e propria routine, anche a causa della tendenza degli ultimi due governi Letta-Renzi di far ricorso a misure incerte dal lato delle entrate che necessitavano l’introduzione (o il rinnovo) di nuove misure di salvaguardia a garanzia dei saldi di bilancio. Sarebbe quindi più che mai auspicabile che le future manovre prevedano il “disinnesco” definitivo di tutte le clausole esistenti e, soprattutto, si astengano dall’inserirne di nuove. Purtroppo, l’eventualità non proprio remota che il futuro schema di coperture pensate dall’attuale governo per la prossima stabilità si basino su misure dagli esiti incerti come lotta all’evasione e spending review, autorizzano a prevedere scenari futuri in cui: a) le manovre continueranno a ruotare intorno a cifre importati; b) percentuali importanti delle manovre saranno destinate alla cancellazione di clausole pregresse.

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