di Vincenzo Visco
L’ipotesi di un ingresso dell’Italia nell’euro fin dall’inizio incontrò, come è noto, molte resistenze, e l’Olanda si distinse allora come l’oppositore più duro e convinto. Ricordo che mentre erano in corso le trattative condotte dal Tesoro di Carlo Azeglio Ciampi, venne in visita in Italia il Ministro delle Finanze olandese Gerrit Zalm. In questa, come in altre simili occasioni, Ciampi mi invitava a partecipare agli incontri in quanto Ministro delle Finanze e membro dell’Ecofin. In quell’occasione il fatto di essere in due ad argomentare appariva particolarmente utile. Ma non ci fu niente da fare; Zalm appariva irremovibile saldo nei suoi pregiudizi anti-italiani. Alla fine della riunione Ciampi mi disse qualcosa come “hai visto quanto ci vogliono bene questi?!”
Eppure dopo poco le cose cambiarono. Il motivo è semplice: Chirac aveva fatto presente ai tedeschi che senza l’Italia l’euro non si poteva fare, e che dal momento che i parametri dell’economia italiana stavano convergendo verso quelli stabiliti dal trattato di Maastricht, non c’era motivo per dire di no, tanto più che il prestigio e l’affidabilità di Ciampi erano fuori discussione. Accadde quindi che Zalm cambiò la sua posizione affermando nel corso dell’Ecofin decisivo (leggendo peraltro un testo in italiano sul quale, come ci dissero i suoi collaboratori Zalm si era a lungo esercitato) che il “duro” Ciampi era riuscito effettivamente a sistemare la finanza pubblica italiana e che quindi la posizione olandese poteva cambiare. E' possibile, e forse probabile, che quel film possa essere riproposto anche questa volta, sempre che Macron si ispiri a Chirac.
Del resto sembra esserci una convergenza sulla proposta francese di emissione di coronabonds (diversi, almeno lessicalmente, dagli eurobonds). E in proposito vorrei ricordare che esiste una proposta italiana, molto intelligente dovuta ad Andrea Boitani e Roberto Tamborini, che potrebbe essere utilmente adottata in quanto in grado di evitare la possibilità di trasferimenti di risorse tra gli Stati, che si limiterebbero a fornire la garanzia collettiva, e di fornire risorse ingenti, pari ad oltre il 10% del Pil dell’eurozona, con un finanziamento molto limitato da parte degli Stati.
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