Lettera di Prodi e Visco a Draghi: supportare accordo per nuova tassazione delle imprese multinazionali

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Maggio 2021

L’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi e l’ex ministro delle Finanze e del Tesoro, Vincenzo Visco, hanno inviato una lettera a Mario Draghi in qualità di presidente di turno del G 20, chiedendo di supportare la riforma della tassazione delle multinazionali attualmente in discussione in sede Ocse.

Le trattative, in corso da tempo, hanno ricevuto un impulso significativo e probabilmente determinante dall’iniziativa assunta nelle settimane scorse dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di presentare una propria proposta di riforma dell’imposizione che prevede tra l’altro un’aliquota minima del 21% e una base imponibile calcolata in base ai bilanci globali dei grandi gruppi. L’imposta così determinata andrebbe ripartita tra i paesi dove sono state effettuate le transazioni e non solo in quelli di residenza fiscale della multinazionale.

Ecco il testo integrale della lettera:

Al Presidente del Consiglio dei ministri

Mario Draghi

Signor Presidente,

Uno dei primi atti ufficiali del nuovo Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, riguarda una misura di politica fiscale che, se introdotta sul piano globale, potrebbe dare una spinta determinante al superamento dei cosiddetti paradisi fiscali, rimuovendo gli ostacoli di ordine politico e economico che hanno impedito finora un’equa tassazione delle società multinazionali. 

Si tratta di introdurre nell’ordinamento internazionale il principio della tassazione unitaria dei gruppi multinazionali e della ripartizione di una parte dei loro profitti tra le giurisdizioni fiscali dei singoli paesi in base a criteri oggettivi (fatturato),sul quale costruire un’imposta minima globale, con un’aliquota almeno del 21%.

La negoziazione in proposito si protrae dal 2013, da quando il G20 ha incaricato l’OCSE di avanzare proposte di riforma del sistema fiscale internazionale. I 139 Stati e giurisdizioni che stanno collaborando in sede OCSE  hanno riconosciuto da tempo la necessità di attribuire il diritto di imposizione ai mercati di destinazione di beni e servizi prodotti dai grandi gruppi, mercati che sono raggiungibili anche da remoto, e in cui sono localizzati gli utenti delle piattaforme digitali, e che assumono rilievo in quanto riconosciuti come luoghi in cui si crea una parte della ricchezza della impresa, pur in mancanza di strutture fisiche sul territorio. Si guarda quindi al gruppo come una impresa unitaria provvedendo a suddividere una quota dei profitti anche in base alla localizzazione dei ricavi.

Sia la proposta OCSE che quella Biden prevedono di fare riferimento ai profitti totali a livello globale delle imprese multinazionali, sia ai fini della attribuzione dei nuovi diritti impositivi, che ai fini della fissazione di un livello minimo di tassazione che Biden propone di fissare al 21%. E’    questa la novità più significativa della proposta americana che va sostenuta con forza anche perché in sede OCSE alcuni Paesi europei continuano a spingere per un’aliquota considerevolmente più bassa.

Un accordo di riforma della tassazione delle multinazionali non è attuabile senza la partecipazione degli Stati Uniti. L’Italia e l’Europa non possono perdere l’occasione di raggiungere un accordo di portata storica che le vedrebbe come le maggiori beneficiarie, insieme al bilancio statunitense.

Lo scopo prioritario della riforma è mettere fine alla concorrenza fiscale tra paesi e assicurarsi che anche i grandi gruppi, che hanno registrato in questo ultimo periodo una significativa moltiplicazione degli utili, contribuiscano per la loro parte alla ripresa post pandemica. 

Le pratiche di elusione fiscale poste in essere dalle multinazionali hanno innescato un deleterio meccanismo di “concorrenza al ribasso” tra paesi anche all’interno della stessa Unione europea, procurando un danno erariale globale per il mancato gettito quantificabile in almeno 240 miliardi di euro l’anno.

Sono risorse ingenti che vengono sottratte ai bilanci pubblici e alle fasce più deboli della comunità internazionale quando sarebbero necessarie, mai come in questo momento, per assicurare a tutti servizi sanitari e assistenziali adeguati, difendere e creare posti di lavoro, sostenere le piccole imprese nello sforzo per uscire dal pantano in cui le ha cacciate il drastico rallentamento della libera circolazione delle persone.

Il fenomeno è particolarmente visibile in Europa, dove diversi paesi aggiustano i propri sistemi fiscali per attirare la base imponibile delle aziende degli altriPaesi, incentivando il trasferimento dei profitti senza che vi sia un reale beneficio economico associato. Questo sistema pesa fortemente anche sulle nostre finanze pubbliche e ha la conseguenza di riversare il carico fiscale su lavoro e consumi.

Le conseguenze negative delle pratiche di ottimizzazione fiscale aggressiva sono molteplici. Nell’ambito delle attività imprenditoriali alterano la concorrenza e favoriscono la polarizzazione e la concentrazione del settore industriale e distributivo.  Sul piano sociale erodono la fiducia dei contribuenti nel settore pubblico, scoraggiando il consenso popolare nei confronti del sistema di contribuzione fiscalee del contrasto all’evasione.

 La considerazione unitaria del gruppo ai fini impositivi di cui si discute in sede OCSE va nella direzione da tempo indicata dal Governo italiano. Come ricorderà signor Presidente, fin dal 1997 il Governo italiano aveva presentato in Europa una proposta volta a realizzare un sistema di tassazione delle multinazionali europee su base consolidata che si è poi tradotta in alcune proposte di direttiva mai approvate (CCCTB).

Oggi abbiamo l’occasione di superare in sede Ocse, e con il sostegno degli Stati Uniti, il diritto di veto di alcuni Paesi europei.

L’Italia ha attualmente la presidenza del G20 e le condizioni sono mature perché si possa arrivare a un accordo epocale proprio al summit fissato a Venezia il prossimo luglio. Tuttavia i negoziati che si profilano, ancora complessi, potrebbero nascondere insidie per il futuro buon funzionamento della nuova architettura.

L’opposizione dei paradisi fiscali di fatto che operano nel contesto europeo è già iniziata e si somma all’inevitabile azione di lobbying delle multinazionali contro un accordo considerato penalizzante, se confrontato con lo status quo estremamente favorevole raggiunto grazie alla farraginosità del sistema e alla libera concorrenza fiscale tra Stati.

E’ necessario che l’Italia faccia sentire la sua voce a supporto di questa riforma e che insieme ai suoi partner europei, in particolare Germania, Francia e Spagna, sostenga attivamente la proposta avanzata dall’amministrazione Biden, in vista di un accordo ambizioso.

Le chiediamo quindi Presidente Draghi di esprimersi pubblicamente a favore della proposta di un’aliquota minima globale non inferiore al 21% e ad usare tutto il suo peso internazionale e la sua influenza per convincere anche gli altri paesi del G20 affinché venga raggiunto un accordo su un sistema impositivo equo per le imprese e capace di riallocare le ingenti risorse congelate nei paradisi fiscali, ai fini di promuovere la ripresa economica e il benessere di tutta l’umanità.

Il nostro appello è aperto all’adesione dei colleghi economisti e tributaristi. Le adesioni possono essere inviate all'indirizzo mail: nens@nens.it

Romano Prodi                        Vincenzo Visco            

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