Pubblicato su Il Sole 24 Ore
di Vincenzo Visco
Pochi si rendono conto di quanto esplosiva stia diventando la questione fiscale nel nostro Paese. Il fisco in Italia è infatti diventato sempre più il luogo della discrezionalità e dell’arbitrio, e ogni principio di razionalità tributaria viene ignorato, anzi negato.
Pubblicato su La Stampa – 15 Marzo 2024
di Luca Monticelli
Vincenzo Visco era il responsabile delle Finanze durante il secondo governo Prodi e si ricorda benissimo quando l’allora ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa definì le tasse «una cosa bellissima». Una dichiarazione che è tornata d’attualità dopo che la premier Giorgia Meloni, parlando della riforma del fisco, ha detto: «Non penso e non direi mai che le tasse sono una cosa bellissima».
Perché Padoa Schioppa si espresse cosi?
Secondo i modelli teorici e le verifiche empiriche la decisione di evadere le imposte per un contribuente razionale dipende da due fattori: il livello delle aliquote, e l’entità delle pene (pecuniarie o di altro genere) cui può andare incontro (rischio). E’ in questo contesto che va valutato il recente decreto delegato in materia di riscossione, di cui i giornali hanno dato notizia, che può essere esaminato in relazione ai suoi possibili (probabili) effetti.
La protesta degli agricoltori in Italia e in Europa ha molte giustificazioni e riscuote una diffusa solidarietà. Latitano comunque le proposte serie per cercare, se non di risolvere, almeno di affrontare razionalmente il problema. Il Governo, come al solito, ha fatto ricorso allo strumento fiscale, l’unico adottato in Italia per risolvere (?) qualsivoglia questione si affacci all’orizzonte, e l’unico che trova un diffuso consenso bi-partisan dal momento che ridurre le imposte, introdurre incentivi, concedere bonus, ecc.
Discriminate e povere sul lavoro ma anche come pensionate e nella loro condizione di madri, di disoccupate, caregiver, disabili, vittime della violenza di genere: le donne sembrano il principale bersaglio della politica economica del governo guidato dalla prima Presidente del Consiglio della storia. È questo il paradosso che emerge da un primo bilancio dei provvedimenti presi – e ancor più dei tanti necessari e non attuati – nella manovra finanziaria 2024 che attraversano la condizione femminile.
Tasso di occupazione femminile, il più basso d’Europa
L’evasione fiscale di massa è il principale problema del fisco italiano, come confermano i dati ufficiali che il Governo pubblica annualmente ormai da diverso tempo. Tuttavia, nel dibattito delle ultime settimane si è fatta strada la convinzione che il fenomeno sia in riduzione in maniera statisticamente rilevabile (e anche rilevante). Questa convinzione merita una verifica.
Le sfide che dovranno affrontare l'economia europea nei prossimi anni sono molto impegnative, e da questo punto di vista l'accordo raggiunto sul patto di stabilità non può certo essere considerato un successo, né ci si può consolare dicendo che esso è (lievemente) migliore dell'accordo preesistente.
Gli interventi fiscali del Governo prevedono la conferma del taglio del cuneo fiscale attualmente in vigore che scade a fine anno (costo 10 miliardi). Questo intervento non determinerà nessun vantaggio netto per i contribuenti interessati, rispetto a quello acquisito nella seconda metà dell’anno, ma eviterà una perdita. Si tratta di un intervento limitato, condivisibile, ma finanziato in deficit, e che elude il problema molto rilevante che riguarda le modalità con cui sarà possibile finanziare nei prossimi anni il sistema di welfare.
Il Governo ha presentato il decreto delegato che regola il cosiddetto concordato preventivo per i contribuenti con redditi di lavoro indipendente. L’adesione alla proposta avanzata dall’amministrazione a ciascun contribuente è volontaria. Ciò fa pensare che la proposta, per essere accettata dai contribuenti, dovrà essere non molto incisiva, come del resto sembra confermare la previsione di maggior gettito di 760 milioni nel biennio. Per questi motivi, molti osservatori hanno definito l’ipotesi come un condono preventivo, piuttosto che un intervento di contrasto all’evasione.
Come preannunziato il governo ha deciso di ridurre da quattro a tre gli scaglioni dell’Irpef,
eliminando il secondo scaglione che va da15.000 a 28.000 euro, estendendo l’aliquota al 23%, in modo che coloro che hanno (almeno) 28.000 avranno una riduzione di 260 euro annui (21,67 mensili), per il calo dell’aliquota al 25%.
Si è presentato subito un problema: come parare la critica che questa riduzione fiscale
Quasi 16 miliardi da utilizzare per la sanità pubblica, la scuola, la transizione ecologica, il contrasto alla povertà. Senza tagliare gli stanziamenti per altre voci del bilancio. È la cifra che lo Stato italiano avrebbe a disposizione introducendo una mini tassa sul patrimonio dei 50mila contribuenti più facoltosi: lo 0,1% che sta in cima alla piramide sociale e che a partire da metà anni Novanta ha visto la propria “fetta” salire dal 5,5 al 9,2% della ricchezza nazionale.
Nelle settimane che hanno preceduto la pausa estiva, si è svolto in Italia un confuso dibattito in tema di evasione fiscale, argomento su cui prevale la tendenza ad eludere, rimuovere, sottovalutare, ignorare.
DAL LIBRO: CONTRO LA SECESSIONE DEI RICCHI. AUTONOMIE REGIONALI E UNITA’ NAZIONALE
Di Gianfranco Viesti
Laterza, settembre 2023
La battuta d’arresto del processo verso l’approvazione del ddl Calderoli deve essere l’occasione per un ripensamento profondo.